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la Corte di Cassazione, con sentenza a sezioni unite, abbandona l’istituto della cd. “occupazione acquisitiva” o “accessione invertita”

Ultimo aggiornamento: 28/01/2015

 

La Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, con sentenza 19 gennaio 2015 n. 735 ha abbandonato l’istituto della “occupazione acquisitiva” a favore dell’autorità che ha realizzato l’opera di pubblica utilità, eliminando il conflitto con quanto, da anni, andava affermando il Consiglio di Stato.
Con il nuovo orientamento, in sostanza, la realizzazione di un’opera pubblica non costituisce, indipendentemente della modalità di occupazione (acquisitiva o usurpativa), impedimento alla restituzione al proprietario dell’area illegittimamente occupata. 

Nella sentenza in oggetto l’alta corte, afferma, esplicitamente, che “il contrasto dell’istituto dell’occupazione acquisitiva con l’art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione EDU è sufficiente per escluderne la sopravvivenza nel nostro ordinamento”
Le motivazioni sostanziali, alla base di tale importante svolta (l’istituto dell’accessione invertita era stato elaborato da oltre trenta anni) sono le seguenti: 

“… La sussistenza di tale contrasto è stata già riconosciuta da queste Sezioni unite con le ordinanze nn. 441 e 442 del 13 gennaio 2014 con cui è stata ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 42 bis in relazione agli artt. 4, 42, 97, 111 e 117 Cost., anche alla luce dell’art. 6 e dell’art. 1 del protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. In tali ordinanze, infatti, questa Corte ha dato atto che la Corte EDU ha dichiarato più volte «in radicale contrasto con la Convenzione il principio dell’espropriazione indiretta, con la quale il trasferimento della proprietà del bene dal privato alla p.a. avviene in virtù della constatazione della situazione di illegalità o illiceità commessa dalla stessa Amministrazione, con l’effetto di convalidarla; di consentire a quest’ultima di trarne vantaggio; nonché di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione, con il rischio di un risultato imprevedibile o arbitrario per gli interessati.”
“… Le conseguenze della contrarietà dell’istituto dell’occupazione acquisitiva con i principi affermati dall’art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione EDU devono essere individuate sulla base di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 348 e 349 del 2007 e 338 del 2011: le norme interne in contrasto gli obblighi internazionali sanciti dall’art. I del primo protocollo addizionale alla CEDU, che il legislatore è tenuto a rispettare in forza dell’art. 117, primo comma, Cost., non possono essere disapplicate dal giudice nazionale che deve verificare la possibilità di risolvere il problema in via interpretativa, rimettendo, in caso contrario, la questione alla Corte costituzionale.
“ … In conclusione, alla luce della costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, quando il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, l’occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte dell’Amministrazione si configurano, indipendentemente dalla sussistenza o meno di una dichiarazione di pubblica utilità, come un illecito di diritto comune, che determina non il trasferimento della proprietà in capo all’Amministrazione, ma la responsabilità di questa per i danni. In particolare, con riguardo alle fattispecie già ricondotte alla figura dell’occupazione acquisitiva, viene meno la configurabilità dell’illecito come illecito istantaneo con effetti permanenti e, conformemente a quanto sinora ritenuto per la c.d. occupazione usurpativa, se ne deve affermare la natura di illecito permanente, che viene a cessare solo per effetto della restituzione, di un accordo transattivo, della compiuta usucapione da parte dell’occupante che lo ha trasformato, ovvero della rinunzia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente. A tale ultimo riguardo, dissipando i dubbi espressi dall’ordinanza di rimessione, si deve escludere che il proprietario perda il diritto di ottenere il controvalore dell’immobile rimasto nella sua titolarità. Infatti, in alternativa alla restituzione, al proprietario è sempre concessa l’opzione per una tutela risarcitoria, con una implicita rinuncia al diritto dominicale sul fondo irreversibilmente trasformato (cfr. e plurimis, in tema di occupazione c.d. usurpativa, Cass. 28 marzo 2001, n. 4451 e Cass. 12 dicembre 2001, n. 15710); tale rinuncia ha carattere abdicativo e non traslativo: da essa, perciò, non consegue, quale effetto automatico, l’acquisto della proprietà del fondo da parte dell’Amministrazione (Cass. 3 maggio 2005, n. 9173; Cass. 18 febbraio 2000 n. 1814). …”
A seguito del nuovo orientamento giurisprudenziale, l’illecito riferito all’occupazione senza titolo di beni privati per scopi di interesse pubblico, può cessare solo nei seguenti casi:
- Emissione di un provvedimento di acquisizione sanante, ai sensi dell’art. 42bis del T.U.E.;
- Ottenendo il consenso del proprietario per la stipula di un contratto di vendita, previo un accordo transattivo per la liquidazione del danno;
- Nei casi di compiuta usucapione da parte dell’occupante che lo ha trasformato, avviando un’azione civile per ottenere una sentenza dichiarativa della proprietà. 

Si informano i nostri utenti che, a seguito del nuovo orientamento della Corte di Cassazione, è stata aggiornata l’apposita guida operativa:
Guida n. 10 - Procedimento per l'acquisizione di beni utilizzati, senza titolo, per scopi di interesse pubblico, di cui all'art 42bis del Testo Unico sulle espropriazioni

 

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