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Il regime delle indennità aggiuntive e delle maggiorazione dovute per l’esproprio di aree agricole

Il gruppo di lavoro costituito presso ITACA, Istituto per l'innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale che vede la partecipazione di rappresentanti delle regioni e esperti esterni tra i quali anche l’arch. Vittorio Bensi, responsabile scientifico del sito ConsulenzaEspropri.it, ha predisposto, relativamente agli effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 181/2011 sulla determinazione dell’indennità di esproprio di aree agricole, il documento, che pubblichiamo integralmente in appendice alla guida operativa n. 9, disponibile per gli utenti del sito.
Tale documento conferma in pieno le indicazione operative, fornite ai propri utenti da ConsulenzaEspropri.it, fin dalla data di pubblicazione della sentenza stessa (luglio 2011).

Il documento, in sintesi, afferma quanto segue:

Regime delle indennità aggiuntive art. 12 del T.U.E.:
Occorre in primo luogo rilevare che le indennità aggiuntive previste in favore dei proprietari coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo professionale (art. 40, comma 4), nonché quelle da riconoscere in favore di coltivatori diretti fittuari di aree agricole (art. 42, comma 1), oppure edificabili (art. 37, comma 9), nonché, infine, quelle da riconoscere in favore di proprietari coltivatori diretti di aree edificabili (art. 37, comma 9), hanno la finalità di ristorare la perdita dell’occasione di lavoro in agricoltura; esse pertanto non hanno alcuna attinenza al valore del fondo espropriato.
Per tale genere di indennizzi, le cui norme di riferimento non sono state coinvolte, neppure mediatamente, dalla sentenza della Corte Costituzionale, è ancora pacificamente applicabile il criterio di liquidazione basato sul v.a.m..
Deve pertanto pure rimarcarsi che restano immutati i compiti attribuiti alle Commissioni Provinciali

Regime delle maggiorazioni
Il valore di mercato del bene rappresenta un limite insuperabile per l’indennità di espropriazione.
Occorre in ogni caso rilevare che l’art.45, laddove riconosce la maggiorazione delle indennità determinate sulla base di una norma dichiarata incostituzionale (l’art. 40, commi 2 e 3), verrebbe privato di un fondamentale elemento strutturale; ed è noto l’orientamento della Corte Costituzionale relativo alla non operatività di norme strutturalmente e/o funzionalmente collegate, nel caso di invalidazione di una di esse a seguito della pronuncia di illegittimità-costituzionale (cfr. al riguardo Corte cost. n. 1022 del 9.11.1988, 26 marzo 1980, n. 42; 7 luglio 1976, n. 164). Sulla base di tali argomentazioni, deve pertanto dedursi che un’interpretazione “costituzionalmente orientata” dell’art. 45 porti ad escludere la sua applicabilità, e quindi il riconoscimento di importi ulteriori rispetto al valore del bene, quantomeno per la maggiorazione del 50% prevista in favore dei proprietari non coltivatori diretti.


Triplicazione indennitaria per i coltivatori diretti
In pratica, per i coltivatori diretti, il sistema indennitario ora vigente prevede (e già prevedeva prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 181/2011), che qualora gli stessi non accettino l’indennità provvisoria e non addivengano alla cessione volontaria, verrebbe in ogni caso loro riconosciuta una duplice indennità: quella attinente al bene espropriato, determinata sulla scorta dell’art. 40, comma 1, e quindi sul valore di mercato; e quella connessa alla qualifica professionale, prevista dall’art. 40, comma 4, liquidata in base al v.a.m. della coltura in atto.
Il che sta a significare che l’indennizzo per la perdita dell’occasione di lavoro riconosciuto al coltivatore diretto non è legato alla stipula dell’atto di cessione volontaria, e spetta pertanto in ogni caso.
Così come pure è ragionevole ritenere che detto indennizzo sia comunque determinato sulla base del v.a.m. della coltura in atto, e non conosca (irragionevoli) aumenti o diminuzioni in dipendenza dell’accettazione o del rifiuto della funzionalmente diversa indennità di espropriazione relativa al fondo agricolo.

Conclusioni
Dal che derivano le seguenti conclusioni:
a) la triplicazione del v.a.m. in favore del coltivatore diretto non può essere applicata, poiché manca ormai il parametro di riferimento;
b) l’indennità per il terreno resta comunque legata al valore di mercato dello stesso, e ciò indipendentemente dalla stipula di un atto di cessione volontaria e dalla qualifica professionale del proprietario;
c) l’indennità aggiuntiva prevista per il coltivatore diretto, determinata sulla base del v.a.m. della coltura praticata, deve continuare ad essere riconosciuta sulla scorta dell’art. 40, comma 4, in tal modo salvaguardando le prerogative che la legge riconosce in favore di detta categoria professionale.

Ultimo aggiornamento: 23/03/2012

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