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Riguardo al quesito formulato occorre premettere che l’art. 2, 6° comma, lett. D) ultimo periodo d.lgs. n.° 285/1992 statuisce che “le strade «vicinali» sono assimilate alle strade comunali”: Ma riguardo tale asserzione è opportuno fare una indispensabile disamina, al fine di rilevare la normativa applicabile e le conseguenti peculiarità giuridico – normative. Le strade vicinali, infatti, sono inquadrabili nell’ambito pubblicistico o privatistico, trattandosi di un settore del diritto che, a fronte di un vastissimo numero di casi pratici, rimane alquanto dubbio, a cominciare dal concetto stesso di strada vicinale (ovvero interpoderale, dal momento che erano destinate prevalentemente al servizio dell’agricoltura), a causa della loro origine e storia, quasi sempre risalenti nel tempo, tanto da perderne spesso le tracce, al di là del dato normativo di cui all’art. 3, d.lgs. n.° 285/1992 rubricato "Definizioni stradali e di traffico", il quale definisce Strada vicinale (o Poderale o di Bonifica): strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico. Le strade vicinali, comunque, possono distinguersi a seconda del soggetto proprietario, potendo avere natura “demaniale”,“vicinale” o “privata”. Tenendo presente, pertanto, gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti in materia, le strade vicinali possono classificarsi come segue:a) Strade vicinali demanialiSono demaniali le strade vicinali che appartengono agli Enti pubblici. L’appartenenza delle strade al demanio comunale è prevista e regolata dal combinato disposto degli artt. 824 e 822 2° comma c.c.. Le strade vicinali sono assimilate strade comunali ex art. 2, 7° comma, d.lgs. n.° 285/1992 e l’inclusione di tali arterie nella toponomastica del Comune pone in essere una presunzione iuris tantum, superabile, dinanzi al giudice, soltanto con la prova contraria dell’inesistenza del diritto di godimento da parte della collettività. Una strada può essere riconosciuta come pubblica, pure in difetto dell’iscrizione nell’elenco in parola, qualora la sua proprietà possa essere desunta – oltre che dalle risultanze delle mappe catastali – da indici di demanialità quali: 1. il predetto uso costante nel tempo e sulle stesse siano applicabili le norme poste a disciplina della circolazione stradale, poiché sussiste da tempo immemorabile la libera circolazione di pedoni, di veicoli e di animali;2. l’ubicazione della strada all’interno di luoghi abitati; 3. l’apposizione della numerazione e altri servizi civici; 4. i comportamenti coerenti della Pubblica amministrazione nei settori urbanistico ed edilizio. Conseguentemente, riferendosi al quesito formulato, la possibilità di realizzare opere su strade demaniali, essendo precluso l'avvio di un procedimento di esproprio o di asservimento coattivo in quanto appartenenti al demanio pubblico ( art. 4 del T.U.E.), può realizzarsi solo con la stipula di una convenzione con l’ente pubblico proprietario.b) Strade vicinali pubblicheSono vicinali pubbliche le vie di proprietà privata, soggette a pubblico transito. In concreto, il sedime della vicinale, compresi accessori e pertinenze, è privato, di proprietà dei titolari dei terreni latistanti, mentre l’ente pubblico è titolare di un diritto reale di transito a norma dell’art. 825 c.c.. Tale diritto può essersi costituito nei modi più diversi, ossia mediante un titolo negoziale, per usucapione o attraverso gli istituti dell’ “immemorabile”, cioè dell’uso della strada da parte della collettività da tempo, appunto, immemorabile o della “dicatio ad patriam”, che si configura quando i proprietari mettono a disposizione del pubblico la strada, assoggettandola all’uso collettivo (cfr. Cass. Civ. Sent. n.° 12181/1998).L'elemento richiamato ha come suo indefettibile presupposto, l’asservimento del bene all’uso pubblico nello stato in cui il bene stesso si trovi, e non in quello rilevabile a seguito di manipolazioni senza titolo, con conseguente irreversibile trasformazione che caratterizzano il (diverso) istituto “dell’accessione invertita". Assumono carattere pubblico, in particolare, quelle strade che adducono a luoghi pubblici di interesse generale e sono utilizzate abitualmente dalla generalità dei cittadini. In tal caso, e solo in tale accezione, sono assimilate alle strade comunali ex art. 2, 7° comma, d.lgs. n.° 285/1992, e per esse il comune è tenuto a concorrere alle spese di manutenzione, potendo promuovere d’ufficio la costituzione di un consorzio ex art. 14 L. 12 febbraio 1958, n.° 126, (unico articolo che non risulta abrogato dal Codice della strada), obbligatorio fra i proprietari ed esercitando su tali strade i poteri di tutela. Sempre, al fine quindi di poter stabilire se una strada interpoderale sia pubblica oppure privata, non rileva, il fatto che la stessa risulti inserita negli elenchi delle strade vicinali, poiché l’iscrizione non ha valore costitutivo, ma soltanto dichiarativo, consentendo soltanto di presumere che la strada sia pubblica, ma senza darne la certezza (TAR Sicilia, Catania, 29 novembre 1996, n.° 2124), assunto, questo, sostenuto vuoi dal dato normativo ex art. 20 della L. 20 marzo 1865, n.° 2248, secondo il quale, la classificazione ufficiale delle strade ha efficacia presuntiva e dichiarativa, ma non costitutiva della pubblicità o meno del passaggio, vuoi da giurisprudenza costante (Sezione II, Cassazione civile, n.° 4938/1992; Sezione III, n.° 6337/1994). L’iscrizione di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico, pertanto, riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del Comune, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell’uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù. In conclusione, la natura pubblica della strada, dipende dalla coesistenza effettiva di tre condizioni, quali: 1.“il passaggio esercitato iure servitutis pubblicae, da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale”; 2.“la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via”;3.“un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, che può anche identificarsi nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile”, (TAR Toscana, Sez. III, 11 aprile 2003, n. 1385; conformi, tra le molte: TAR Umbria, Perugina, 13 gennaio 2006, n. 7; id., 21 settembre 2004, n. 545; ed in precedenza: Cons. di Stato, Sez. IV, n. 1155/2001; Cons. di Stato, Sez. V, n. 5692/2000; Cass. civ., Sez. II, n. 7718/1991). In linea di massima, le strade vicinali sono soggette ad uso pubblico. Tale presunzione deriva dal loro concreto utilizzo da parte della collettività (Sezione III, Cassazione civile, n.° 10139 del 1994). Riguardo tali strade le prescrizioni urbanistiche a contenuto ablatorio legittimano il comune ad espropriare i suoli vincolati, ma non obbligano i proprietari a metterli a disposizione dell’ente. Pertanto, il proprietario che, in assenza di un procedimento ablatorio, volontariamente attua la destinazione a strada prevista dal piano regolatore, consentendo il corrispondente uso pubblico dell’area, realizza un comportamento idoneo ad essere qualificato come presupposto della dicatio ad patriam ai fini della costituzione di una servitù pubblica di passaggio (cfr. Cass. Civ. Sent. n.° 5445/1985). Conseguentemente, riferendosi al quesito formulato, la possibilità di utilizzare strade vicinali pubbliche per un uso diverso dal transito (nel caso l’interramento di tubazioni) richiede l’avvio di un apposito procedimento di asservimento poiché, possedendo il comune solo un titolo di pubblico transito, la nuova servitù esula dal titolo stesso. In tale caso, qualora l’ente non stipuli specifici accordi di cessione bonaria con eventuale rinuncia dei proprietari all’indennità, rinviene in maniera certa il diritto dei proprietari stessi all’indennità di asservimento c) Strade vicinali privateSono private le vie cosiddette agrarie o vicinali private costituite da passaggi in comunione incidentale tra i proprietari dei fondi latistanti serviti da quei medesimi passaggi (cfr. Tribunale Chieti, 15/10/2009, n. 748). La via agraria, cioè la strada privata che i proprietari dei fondi latistanti aprono e mantengono per transitarvi secondo le esigenze della coltivazione, viene formata mediante conferimento di suolo (cd. "collatio agrorum privatorum") o di altro apporto dei vari proprietari, in modo da fondare una comunione ("communio incidens"), per la quale il godimento della strada non è "iure servitutis" ma "iure proprietatis" e, pur avendo di regola, fondi fronteggianti, può essere utilizzata, in relazione alla necessità del tracciato, da più fondi in consecuzione, fermo restando il principio che essa possa servire a tutti i proprietari dei fondi in tutte le direzioni, onde ciascuno ne abbia per tutta la sua lunghezza la proprietà "pro indiviso"). Gli utenti, pertanto, ne godono iure domini, per diritto di proprietà. Caratteristica comune tra le vicinali, pubbliche e private, è che la proprietà del suolo è sempre a titolarità dei frontisti che ne godono iure communionis e non iure servitutis. Conseguentemente, riferendosi al quesito formulato, la possibilità di utilizzare strade vicinali private per la posa di una condotta richiede l’avvio di un apposito procedimento di asservimento. Pertanto, anche qualora l’ente stipuli specifici accordi di cessione bonaria, sussiste in maniera certa il diritto dei proprietari stessi all’indennità di asservimento, previo, evidentemente, una regolare dichiarazione della pubblica utilità dell’opera.
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