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Beni occupati senza titolo: sulla domanda degli interessati l’ente intimato ha il dovere di provvedere a sanare l’illecito

Ultimo aggiornamento: 21/06/2015

 

Il Consiglio di Stato con sentenza sez. 4, in data 27 aprile 2015, n. 2126, in aderenza a quanto affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 71/2015, conferma il principio che l’ente pubblico che occupa senza titolo un bene privato, su domanda degli interessati, ha il dovere di provvedere a sanare la situazione di illiceità. In particolare, il C.d.S., nella sentenza richiamata, afferma quanto segue:

“… 4.2.- Nel merito il Collegio deve affermare che sulla domanda degli interessati il Comune intimato aveva il dovere di provvedere, con le precisazioni necessarie in ordine contenuto ed estensione del medesimo in rapporto alle norme che vengono in rilievo.

Tra queste si pone anzitutto il citato art. 2 della legge n. 241/1990, in base al quale ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza o consegua ad un obbligo di legge, l'amministrazione ha l'obbligo di concluderlo con un provvedimento espresso ed entro un determinato termine. Con particolare riferimento al procedimento espropriativo ed indipendentemente dalla complessità dell'iter (che peraltro nella specie non si riscontra), il termine per l'emanazione dell'atto che lo conclude (il decreto di esproprio) è rappresentato e coincide "naturaliter" con quello stabilito per la validità dalla dichiarazione di pubblica utilità, tant'è che il suo inutile decorso determina il sorgere dell'occupazione illecita sotto il profilo civilistico.

 

Nessun termine è invece stabilito dall'art. 42-bis per emettere il provvedimento di acquisizione sanante, che porrebbe termine alla situazione di illiceità ma ciò non indica certamente che l'amministrazione conservi un potere di dilazionare "sine die" l'applicazione della norma, indebitamente ritardando l'esercizio dell'opzione da essa prevista, vale a dire o la restituzione dei fondi o l'emanazione del decreto di acquisizione (come richiesto dalla istanza presentata dai ricorrenti). Al contrario, non solo deve ritenersi che l'amministrazione abbia il dovere di esercitare detta scelta (anche in applicazione dei principi costituzionali di legalità e buon andamento; cfr. sentenza Corte EDU, 30 maggio 2000, ric. 31524/96; Cons. Stato, Sez. IV, 30 gennaio 2006, n. 290; Cons. Stato, 7 aprile 2010, n. 1983; Consiglio di Stato sez. IV 02 settembre 2011 n. 4970; Consiglio di Stato sez. IV 29 agosto 2012 n. 4650) ma deve altresì affermarsi che in assenza di uno specifico termine nell'art. 42-bis (carenza di grave pregiudizio per gli interessi pubblici, poiché esposti ad un lievitare nel tempo dell'onere risarcitorio derivante dall'illecito) ed in applicazione dell'art. 2 della legge 241/1990, l'opzione (quindi non necessariamente l'acquisizione come asserito dal T.A.R.) deve avvenire nell'ordinario termine di 90 giorni per la conclusione del procedimento di carattere obbligatorio. Infatti nell'attuale quadro normativo, che al momento del deposito della sentenza vede ancora vigente l'art. 42-bis, le Amministrazioni hanno l'obbligo giuridico di far venir meno - in ogni caso - l'occupazione "sine titulo" e, quindi, di adeguare comunque la situazione di fatto a quella di diritto" (Cons. di Stato, sez. IV, n.1713/2013)…”

 

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