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Il TAR LAZIO - ROMA, SEZ. II, con sentenza 12 giugno 2017 n. 6894 chiarisce che nel caso di occupazione originariamente o, successivamente, divenuta sine titulo, l'intervenuta realizzazione dell'opera pubblica non fa venire meno l'obbligo dell'Amministrazione di restituire al privato il bene illegittimamente appreso; e ciò indipendentemente dalle modalità - occupazione acquisitiva o usurpativa - di acquisizione del terreno. In tali fattispecie, in particolare, il TAR richiama le seguenti alternative:“…Ci si trova quindi pacificamente al cospetto di una procedura espropriativa che non è stata mai conclusa a causa della omessa tempestiva emissione del decreto di esproprio e nell’ambito della quale le aree facenti capo ai ricorrenti sono state occupate ed irreversibilmente trasformate. Secondo la costante giurisprudenza amministrativa e civile, successiva agli arresti della Corte Europea dei diritti dell’uomo (ex multis, 30 maggio 2000, Belvedere Alberghiera s.r.l. c. Italia; 12 gennaio 2006, Sciarrotta c. Italia), la pubblica amministrazione non può divenire proprietaria del suolo sulla base di un atto illecito (quale è la realizzazione dell'opera pubblica in assenza di un valido titolo ablativo) e nessun acquisto della proprietà di un'area può esservi in assenza di un legittimo atto ablatorio. Si può quindi ritenere pacifico in giurisprudenza il principio per cui, in caso di occupazione originariamente o, successivamente, divenuta sine titulo, l'intervenuta realizzazione dell'opera pubblica non fa venire meno l'obbligo dell'amministrazione di restituire al privato il bene illegittimamente appreso; e ciò indipendentemente dalle modalità - occupazione acquisitiva o usurpativa - di acquisizione del terreno. In tali fattispecie, all’amministrazione rimangono le seguenti alternative:1) acquisire l’area ricorrendo alla stipula di fattispecie negoziali civilistiche;2) restituire l’area, previa remissione in pristino stato e corresponsione del risarcimento per il periodo dioccupazione illegittima protrattasi sino alla restituzione;3) adottare un eventuale provvedimento di acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001, corrispondendo al privato il valore venale del bene, il risarcimento per il periodo di occupazione illegittima protrattasi sino alla emissione del provvedimento e le ulteriori poste risarcitorie contenute nella disposizione da ultimo citata.A tali ipotesi, si aggiunge oggi quella della rinuncia abdicativa, implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte della irreversibile trasformazione del fondo (cfr., in particolare, Cass. civ., sentenza 19 gennaio 2015, n. 735; 29 ottobre 2015, n. 22096 e 25 luglio 2016, n. 152839; Cons. St., A.P., n. 2 del 9 febbraio 2016; id., sez. IV, sentenza n. 4636 del 7.11.2016; cfr. anche la sentenza n. 1833/2017, della sez. IV, resa in sede di appello avverso la sentenza della Sezione n. 12638/2016).Con riferimento alla specifica ipotesi in cui il proprietario formuli non già la domanda di restituzione ovvero diriduzione in pristino del proprio bene, illecitamente occupato dall’amministrazione, bensì di risarcimento del danno patito, con effetti abdicativi del diritto di proprietà, il Consiglio di Stato (sentenza n. 4635/2016, cit.) ha affermato che:«a) stante la natura abdicativa e non traslativa dell’atto di rinuncia, il provvedimento con il quale l’amministrazione procede alla effettiva liquidazione del danno - rappresentando il mancato inveramento della condizione risolutiva implicitamente apposta dal proprietario al proprio atto abdicativo che di esso rappresenta il presupposto - costituisce atto da trascriversi ai sensi degli artt. 2643, primo comma, n. 5 e 2645 cod. civ., anche al fine di conseguire gli effetti della acquisizione del diritto di proprietà in capo all’amministrazione, a far data dal negozio unilaterale di rinuncia;b) in ordine alla determinazione del quantum del risarcimento, questo deve essere commisurato al valore venale del bene al momento in cui si perfeziona la rinuncia abdicativa del proprietario al proprio diritto reale, e, trattandosi di debito di valore, con rivalutazione ed interessi al tasso legale, da calcolarsi fino al momento dell’effettivo soddisfo, tenendo presente che in materia di occupazione acquisitiva di un terreno, il risarcimento del danno è calcolato esclusivamente sul suo valore al momento in cui si è verificata la perdita del diritto di proprietà. A tali ipotesi, si aggiunge oggi quella della rinuncia abdicativa, implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte della irreversibile trasformazione del fondo (cfr., in particolare, Cass. civ., sentenza 19 gennaio 2015, n. 735; 29 ottobre 2015, n. 22096 e 25 luglio 2016, n. 152839; Cons. St., A.P., n. 2 del 9 febbraio 2016; id., sez. IV, sentenza n. 4636 del 7.11.2016; cfr. anche la sentenza n. 1833/2017, della sez. IV, resa in sede di appello avverso la sentenza della Sezione n. 12638/2016).Con riferimento alla specifica ipotesi in cui il proprietario formuli non già la domanda di restituzione ovvero diriduzione in pristino del proprio bene, illecitamente occupato dall’amministrazione, bensì di risarcimento del danno patito, con effetti abdicativi del diritto di proprietà, il Consiglio di Stato (sentenza n. 4635/2016, cit.) ha affermato che:«a) stante la natura abdicativa e non traslativa dell’atto di rinuncia, il provvedimento con il quale l’amministrazione procede alla effettiva liquidazione del danno - rappresentando il mancato inveramento della condizione risolutiva implicitamente apposta dal proprietario al proprio atto abdicativo che di esso rappresenta il presupposto - costituisce atto da trascriversi ai sensi degli artt. 2643, primo comma, n. 5 e 2645 cod. civ., anche al fine di conseguire gli effetti della acquisizione del diritto di proprietà in capo all’amministrazione, a far data dal negozio unilaterale di rinuncia;b) in ordine alla determinazione del quantum del risarcimento, questo deve essere commisurato al valore venale del bene al momento in cui si perfeziona la rinuncia abdicativa del proprietario al proprio diritto reale, e, trattandosi di debito di valore, con rivalutazione ed interessi al tasso legale, da calcolarsi fino al momento dell’effettivo soddisfo, tenendo presente che in materia di occupazione acquisitiva di un terreno, il risarcimento del danno è calcolato esclusivamente sul suo valore al momento in cui si è verificata la perdita del diritto di proprietà e l’ammontare del danno deve poi essere rivalutato e devono essere corrisposti gli interessi legali semplici applicati al capitale progressivamente rivalutato, non potendo essere riconosciute ulteriori ragioni di danno (cfr. Corte europea diritti dell’uomo, 22 dicembre 2009, Guiso – Gallisay c. Italia; successivamente Cass. civ., sez. I, 9 luglio2014, n. 14604);c) quanto alla determinazione del risarcimento del danno per mancato godimento del bene a cagionedell’occupazione illegittima (per il periodo antecedente al momento abdicativo del diritto di proprietà), questo può essere calcolato – ai sensi dell’art. 34, co. 4, c.p.a., in assenza di opposizione delle parti e in difetto della prova rigorosa di diversi ulteriori profili di danno – facendo applicazione, in via equitativa, dei criteri risarcitori dettati dall’art. 42-bisu. espr. (cfr. da ultimo sul punto Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 2016 n. 3929; 28 gennaio 2016 n. 329; 2 novembre 2011 n. 5844), e dunque in una somma pari al 5% annuo del valore del terreno;d) non spetta, invece, in difetto di prova specifica alcuna liquidazione in misura forfettaria del danno nonpatrimoniale sia in quanto ciò è previsto, dall’art. 42-bis, co. 1 e 5, t.u. espr. solo per il caso di correlativaacquisizione del bene con decreto della pubblica amministrazione (e non già in presenza di un negozio abdicativo del privato), sia in quanto – con riferimento non già alla perdita del diritto di proprietà ma solo con riferimento alla compressione delle facoltà di godimento – la misura del risarcimento disposta in via equitativa è da ritenersi omnicomprensiva di ogni ulteriore posta, ivi compresi gli accessori (interessi legali e rivalutazione monetaria)….”.
Vedi anche:
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